Dopo il ritorno da Ala Köl passiamo una giornatona di organizzazione ancora stanchi morti dal trek, ci interroghiamo su come proseguire, se tornare in montagna o se andare a riposarci in spiaggia al sud del lago Issyk Kul, in attesa di un festival culturale che si terrà tra una settimana a Kochkor. Ci diciamo però che una settimana in spiaggia è un po' lunghetta, e che dopotutto siamo in una delle zone di montagna più belle del paese e che dovremmo approfittarne. Decidiamo quindi di ripartire in montagna, per visitare i laghi al di sopra di Boz Uchuk, ma stavolta acquistiamo un pentolino, un fornelletto e del gas per aumentare il nostro confort. A furia di interrogarsi l'indomani partiamo tardi, dopo aver fatto la spesa. Prendiamo una marshrutka fino al villaggio di Boz Uchuk, che dobbiamo percorrere per raggiungere il sentiero che porta alle vette. Incrociamo dei bimbi che dopo averci salutato trovano che coi nostri grossi zaini siamo degli ottimi bersagli per allenarsi a tirare pietre. Sento l'urto di una attraverso lo zaino ma per fortuna nessuna ci colpisce direttamente. Un signore cammina in strada verso di noi in senso contrario, e probabilmente i bimbi sentendosi osservati da qualcuno della loro comunità cambiano idea e smettono di bersagliarci. Inizia a piovere di brutto, forse dovevamo andare in spiaggia. Piove e per un'ora almeno non smette, stiamo al riparo sotto un albero e pazientiamo. Riprendiamo la camminata lungo la vallata, oltre il villaggio fino a raggiungere una foresta dove alcune famiglie fanno il barbecue di fine settimana. Dopo aver concesso un selfie ad una ragazza kazaka che è qui con la famiglia avanziamo ancora di qualche km, vorrei evitare di ritrovarmi zio Dimitri ubriaco di vodka che viene a parlarmi dopo aver montato la tenda. Troviamo uno spiazzo erboso in mezzo a qualche albero di betulla, un po' nascosto dalla strada dove ogni tanto transitano vaccari a cavallo. Unica pecca, i corsi d'acqua che ho visto qui attorno sono troppo esigui per riempire una bottiglia o il nostro pentolino. Parto alla ricerca di qualcosa di meglio, senza successo. Mi decido quindi a intraprendere la discesa scoscesa in mezzo alla foresta, fino al fiume che romba una cinquantina di metri più sotto. Rischio di cadere non so quante volte, scivolando su rami e pietre. Riempio il pentolino, la nuova sfida è risalire lo stesso sentiero senza rovesciarlo! Ce la faccio, e al rientro trovo un ruscellino più vicino, domani mattina riempio qui! Viva i rubinetti, non ci pensiamo mai abbastanza! Il secondo giorno ci attende una camminata lungo la vallata, incrociando diversi greggi di pecore culone. Siamo raggiunti da tre ragazzi al galoppo che propongono di prenderci in sella, credo, perché parlano solo in russo e kirghiso. Non capendo bene fino a dove vogliano portarci, come fisserebbero i nostri zaini alle loro selle minimaliste, e diciamo la verità, anche temendo che lancino i destrieri al galoppo con noi sopra per divertirsi della nostra reazione, diciamo che vogliamo camminare e rifiutiamo. Insistono almeno a farmi salire, e ce la faccio con l’eleganza di un sacco di patate ma almeno non cado. È la prima volta della mia vita in sella per me. Il ragazzo mi esorta a fare un giro, ma non trovando acceleratore, freno e sterzo, la foto che mi fa Jade è rappresentativa della mia prima galoppata: statica (grazie al cielo). Ci fermiamo per pranzo e siamo raggiunti da un ragazzo Ceco, non siamo gli unici trekkers sulla via. Uno dei ragazzini di prima ripassa a salutarci e a chiederci un boccone da mangiare, diamo un po' a malavoglia, sebbene a inizio trek trasportiamo un bel po' di cibo abbiamo le razioni contate per i prossimi quattro giorni in cui saremo soli in mezzo al nulla! E le razioni pesano… arrivo al lago principale stanco morto. Troviamo uno spiazzo non molto piatto ma riparato da un grosso masso. Siamo raggiunti da una mandria di cavalli curiosi, si avvicinano ad annusare la tenda e scoreggiano in continuazione a causa dell'erba cipollina che infesta la prateria. Una schiarita ci dà delle belle viste e mangiamo tranquillamente chiaccherando col ragazzo Ceco. La notte arriva una tempesta, con folate di vento, siamo contenti di esserci messi vicino al masso. Il nevischio e la pioggia proseguono fino al mattino, l'acqua inizia un po' a filtrare in tenda, a causa del peso del nevischio accumulato sulla volta. Ogni volta che smette poi riprende poco dopo. Possiamo uscire definitivamente solo verso le 10 del mattino. Prepariamo le cose ma lasciamo la tenda montata così in caso ripiova avremo un riparo, e andiamo a vedere il secondo laghetto che è sopra al nostro. Arriva qualche schiarita e non piove, smontiamo la tenda e verso l'una partiamo verso il primo dei due passi che attraverseremo durante questo trek. Il sentiero è inesistente, il terreno sconnesso, ricoperto da erbe in fiore belle ma scivolose. Delle rocce, così come le buche delle tane delle marmotte, sono occultate dal manto erboso. Più ci avviciniamo alla montagna da scalare, più siamo indecisi riguardo a quale sia il passo, infatti ci sono due punti abbastanza vicini in cui la montagna è più bassa. Ma magari dietro a uno di questi punti dall'altro lato non ci sarà un sentiero praticabile per scendere nella prossima vallata. Inizia a piovere e sfoderiamo i nostri super poncho acquistati in Nepal. Facciamo per raggiungere uno dei passi ma verso la fine cambio idea e tento di raggiungere l'altro, scovando un sentiero che mi conferma che dovrebbe essere la direzione giusta! E siamo sul passo! La vista sulle altre montagne è molto coperta, aspettiamo un po' ma non cambia tanto. Iniziamo la discesa in questa nuova vallata, che dovremo attraversare perpendicolarmente per poi risalire sull'altro lato dove ci attende un secondo lago in cui accamperemo stanotte. Ho i piedi fradici a causa dell'erba, ma torna utile quando ci troviamo di fronte a dei guadi complicati dove non esito due volte a immergere i piedi. Jade invece che ha scarpe migliori si scalza e testa la temperatura senza filtri! La scalata verso il nostro prossimo lago è lunga e piena di finte, ogni volta che la salita sembra finita e raggiungiamo la cima, ci troviamo di fronte a una nuova distesa che sale, prima lentamente e poi più decisamente. Per di più sentiamo dei tuoni avvicinarsi, montiamo la tenda in fretta e furia senza essere troppo schizzinosi riguardo allo spiazzo prescelto. I tuoni si avvicinano ma scelgono un'altra vallata e mangiamo relativamente tranquilli, senza pioggia. Notte tranquilla. Da qui in poi la pioggia ci lascerà in pace. Il giorno successivo scaliamo il secondo passo con belle viste sul lago affianco al quale abbiamo dormito, circondato da praterie frequentate da mandrie di cavalli. Sulla discesa dall'altro lato osserviamo un enorme ghiacciaio che decidiamo di andare a osservare da più vicino con una piccola deviazione. Riscendendo la vallata raggiungiamo un campo di yurte in cui fanno da mangiare, stasera per cambiare si mangia lagman (gli spaghetti del posto con una salsa/zuppa a base di carne e verdure). Siamo qui insieme a un gruppo di turisti con delle guide, che gli portano gli zaini a cavallo mentre loro avanzano con zainetti. La loro guida è simpatica e scambiamo quattro chiacchere. Dopo una colazione alla yurta scendiamo la bellissima vallata in direzione di Aksu, dove avevamo terminato il nostro trek precedente. La discesa è lunga, lunghissima, 21 km. Alla fine non ne possiamo più. Spingo Jade a proseguire quando si vuole fermare a raccogliere le migliaia di fragoline di bosco che ci tentano dal lato del sentiero. Tanto distratti che perdiamo un bivio che ci avrebbe forse risparmiato gli ultimi 3 km. Arriviamo alle 16 alla fermata, proprio quando sta passando il bus! Eccoci di ritorno a Karakol!