Per provare a scoprire a cosa somiglia una Bali meno turistica, proviamo a spostarci prima a Munduk e successivamente a Tirta Gangga, dedicheremo 4 giorni a ognuna delle tappe.

Munduk é conosciuto per la "freschezza" del suo clima, e devo dire che effettivamente sentiremo molto meno la sensazione di caldo afoso durante il nostro soggiorno, soprattutto la notte. Siamo in montagna e le strade sono tortuose e ripide. Ogni volta che piove accadono due cose: sentiamo un gradevole odore speziato e una sirena di allarme. Scopriremo che il primo é dovuto alle piantagioni di alberi di garofano, piantate in grande quantità. I chiodi (le gemme dei fiori essiccate) sono molto richiesti per aromatizzare le sigarette indonesiane! Raccolgono anche le foglie secche per estrarne un olio che pare sia utilizzato per massaggi. Le sirene sono invece delle cicale che fanno un baccano incredibile, e chissà perché lo fanno ad ogni fine acquazzone. Munduk è nota per le passeggiate da fare nei dintorni, soprattutto quella delle cascate. Ovviamente gli acquazzoni non ci facilitano il compito ma ci riusciremo comunque più o meno. Le cascate sono indicate abbastanza bene e un sentiero che fa su e giù le collega. Le cose si complicano quando cerchiamo di vedere le risaie. Un dedalo di stradine senza nome, bivi non indicati sulla nostra mappa, strade interrotte a causa di ponti in ricostruzione. Per fortuna abbiamo il gps sul cellulare che ci conferma o smentisce ogni volta che scegliamo tra destra e sinistra! Le risaie sono belle ma inizia a piovere... di nuovo! Troviamo rifugio in una stalla con una bellissima mucca vellutata dalle ciglia nere. Instauriamo una sorta di routine: le nostre giornate iniziano con una passeggiata al mattino prima che piova, e proseguono con relax all'hotel, che ha anche un ristorante decente. Faremo il giro di tutto il menu :D

Anche se non ha molto senso e avremmo potuto farlo prima di Munduk (come sempre improvvisiamo i nostri itinerari), decidiamo di spostarci a est a Tirta Gangga. Tirta é un paesino noto per un bel palazzo con fontane e specchi d'acqua. La maggior parte dei turisti non ci viene e se lo fanno non restano a dormire. Ora che è la bassa stagione mi sa che siamo gli unici turisti ad alloggiare in zona! Il palazzo è bello ma sono le passeggiate tra le risaie che ci hanno attirato qui. Il tipo dell'homestay ci dà una bozza di mappina disegnata con la squadretta che approssimativamente dovrebbe indicare alcuni dei sentieri possibili. La nostra precedente esperienza a Munduk sarà preziosa per orientarsi :D ci addentriamo sui terrazzamenti delle risaie passando dove riusciamo a passare. I contadini che ci vedono ci guardano con curiosità, quando gli sorridiamo sono contenti di indicarci più o meno una via attorno agli appezzamenti di terreno. Mentre cerchiamo la via che ci hanno indicato ci seguono con lo sguardo per essere sicuri che non ci perdiamo. Quando incrociamo dei cani spesso ci abbaiano contro, dobbiamo avere un odore diverso di turista europeo sudato e spalmato di crema solare. Proviamo anche a visitare una zona con villaggi di artigiani, soprattutto fabbri e scultori di pietra. E qui per davvero siamo gli unici turisti che si vedono in giro, a piedi perlomeno. Quasi tutti ci fanno dei grandi sorrisi e ci salutano. I bimbi se la ridono quando gli rispondiamo. In molti sono ancora meno timidi e si fermano per chiederci "where you go?" forse per sincerarsi che siamo sulla buona strada, o chissà, forse qui per chiedersi come stai si chiede dove si va. Uno mi chiede se andiamo jalan-jalan (camminando), e mi palpa persino la coscia per controllare che ho dei muscoli sufficienti alla deambulazione :D 

Alla homestay abbiamo una terrazza circondata da foresta tropicale con vista sulle risaie. I versi degli animali si fanno sentire soprattutto la notte e a inizio e fine giornata. Tra i più divertenti ci sono degli uccelli che fanno un rumore tipo disco volante, e un geco gigante molto schivo che vive sul tetto. La notte degli scarabei da un chilo l'uno vengono sempre sulla terrazza attirati dalla luce, cadono e non riescono più a rigirarsi... non so come siano sfuggiti alla selezione naturale... Per cena bisogna sempre riscendere in centro attraverso un sentierino nella giungla non molto agevole al buio, meglio parlare o battere le mani per far allontanare eventuali serpenti.

Decidiamo di tornare a Ubud per fare un corso di scultura su legno. Il nostro autista per il tragitto è un tipo simpatico di nome Nyoman Sudi (quasi tutti i balinesi che incontriamo si chiamano Nyoman, Wayan e Ketut che se abbiamo capito bene pare indichi il "numero" del figlio: primogenito Wayan o Putu o Gede, secondo Kadek o Made, terzo Nyoman o Komang, il quarto Ketut). Lui è un contadino che produce riso e occasionalmente fa l'autista. Ci dice che vorrebbe provare a passare da un modello di agricoltura chimica a uno biologico, e che sta cercando delle persone che gli diano dei consigli. La sua idea nasce dai tumori che affliggono diversi membri della sua famiglia, che imputa all'uso di diserbanti e fertilizzanti. In effetti in questi giorni ci è capitato di vedere persone trattare i campi senza alcuna protezione, guanti, maschera o semplicemente scarpe... Peccato che lo incontriamo proprio il giorno che ce ne andiamo altrimenti saremmo passati a vedere il suo terreno. Ovviamente non saremmo stati in grado di aiutarlo per il riso ma sarebbe stato interessante. Gli parliamo della piattaforma workaway in caso voglia cercare aiuto così. Parlare con lui ci fa capire che i contadini si organizzano in comunità, e provano a fare lavoro di squadra, lavorando il terreno, piantando e raccogliendo insieme sui terreni di tutti i membri. Proprio da qui nasce la sua inquietudine: se smettesse di usare prodotti pur piantando al tempo stesso degli altri le sue piante crescerebbero più lentamente, e la sua raccolta sarebbe in ritardo rispetto alle altre. La comunità potrebbe non solo marginalizzarlo ma anche sanzionarlo costringendolo a pagare delle multe in riso. Lui vorrebbe quindi convincerne altri mostrando che il nuovo modello economico potrebbe funzionare. Per quello ha in mente di produrre delle verdure biologiche e rivenderle a Ubud, dove i ristoranti turistici le richiedono. Questa vicenda mi ricorda la situazione degli Hoggs conosciuti a Palmerston, dove l'intera famiglia ha scelto di convertirsi in biologico dopo la scoperta del Parkinson del padre (il Parkinson è riconosciuto come malattia professionale negli agricoltori ed è correlata all'uso di fitosanitari). Quante storie come questa dobbiamo sentire prima di provare a cambiare paradigma? Se solo i consumatori, ossia noi, decidessero che vale la pena pagare un po' di più per avere del cibo di qualità, più sano per loro, per i lavoratori e per gli ecosistemi. E smettiamola di dire che non ce lo possiamo permettere quando la maggior parte di noi europei spende soldi in smartphone, televisioni, automobili e che ne so di più solo per impressionare gli altri piuttosto che per un bisogno reale, dedicando il meno possibile al budget cibo. La nostra società mi pare completamente orientata verso le priorità sbagliate...

Nyoman ci lascia a Ubud, in una homestay gestita da una famiglia di pittori che non dovrebbe essere troppo lontana dalla zona dove intendiamo cercare un corso di scultura su legno. Lo cerchiamo su facebook per mandargli delle dritte sulla piattaforma workaway, faticando a riconoscerlo nella lista infinita di Nyoman Sudi. Buona fortuna Nyoman.