L'aereo decolla da Auckland e atterra a Bali dopo 9 ore di volo necessarie in gran parte a sorvolare la gigantesca Australia. Dopo averla tanto temuta osservandola dall'ordinatissima Nuova Zelanda, alla fine eccoci qui in Indonesia, per davvero. L'arrivo a inizio serata fila liscissimo, bagaglio, visto di entrata, sdoganamento del bagaglio e autista che ci attende all'uscita. Siamo in rotta per Ubud, a un'oretta e mezzo dall'aeroporto, dal finestrino il traffico é abbastanza ordinato in confronto alle nostre precedenti esperienze asiatiche. La stanza dove stiamo per le prime 5 notti (8 euro a notte) é pulitissima e abbastanza recente, abbiamo bagno privato e colazione inclusa. Quasi nessuna zanzara. Solo un caldo umido soffocante. Un giretto in centro ci conferma: siamo in un altro pianeta. Statue di pietra raffiguranti demoni protettori, coperti da sarong colorati, in giardini dove artificiale e naturale si fondono alla perfezione con eleganza asiatica. Gente che fa offerte agli dei con fiori, riso e incenso. Piccoli templi privati in ogni casa e altri parecchio più grandi pubblici. La spiritualità sembra pervadere l'esistenza delle persone. La vita é ritmata da molte cerimonie che durano intere giornate, alcuni ci dicono che é difficile coniugare lavoro e doveri religiosi. Mi pare di capire che spesso vivano in case semplicissime, quasi senza mobili e che evocano la miseria. Capirete quindi il grande contrasto che genera vedere in giardino il tempio familiare completamente ornato, intarsiato e tirato a lucido. Ne desumo che la spiritualità per questo popolo vuole la sua parte e siano disposti a grandi sacrifici per onorare gli dei come si deve. Molti ci parlano delle difficoltà dell'accesso alle cure mediche per esempio. Coloro che vediamo lavorare in strada fanno spesso lavori penibili sotto il sole cocente. Molte anche le donne che spazzano, fanno le offerte, portano pesi sulla testa, e persino spalano ghiaia. Sciacquamoci la bocca prima di parlare di miseria in Europa...

Camminando in centro bisogna continuamente fendere la calca sui minuscoli e discontinui marciapiedi. Un sacco di turisti in giro, i balinesi lavorano nei ristoranti, o offrono servizi di taxi senza mai insistere. Prendiamo una strada per cercare aria, continuiamo per stradine più strette e meno frequentate e in un quarto d'ora sbuchiamo in mezzo a delle fotogeniche risaie. La piccola stradina di cemento é delimitata da palme di cocco, quando il vento aumenta controlliamo che non ci cada una noce sulla testa. Il vento fa anche girare delle particolarissime pale eoliche musicali e spaventapasseri. Mai vista una roba del genere! I passeri non hanno troppa paura e banchettano allegramente coi chicchi di riso. Visto quanti sono per fortuna che qui si hanno 3 raccolte all'anno! Quando il riso é stato raccolto la terrazza é pulita e si mandano le anatre a mangiare i chicchi caduti e persi durante la raccolta. Incrociamo diverse gang di anatre, a volte inseguite da contadini che cercano di evitare che si attacchino al riso non ancora raccolto. A guardare meglio si può anche ammirare il discreto complesso sistema di irrigazione che permette di inondare alcune risaie mentre altre restano all'asciutto. Ci sediamo in uno dei tanti ristorantini sparpagliati lungo il cammino in mezzo ai campi. Davanti una distesa di riso, all'ombra un po' di vento rende il caldo più sopportabile. In sottofondo canti di uccelli e le musiche delle famose pale eoliche. Che pace, devo dire che non era questo che mi aspettavo da Bali! Mi ero preparato a un bordello immane! Ordiniamo, tutto é molto buono e a buonissimo mercato anche se le porzioni sono quasi macrobiotiche, e scopriremo che é così un po' ovunque. Forse perderemo qualche chiletto. La settimana passa tra visite a un museo e qualche tempio, camminate nelle risaie, test di ristoranti per trovare quello buono dove andare quando si ha fame etc. Il costo della vita é tale che ci permettiamo pure un'oretta di massaggio seguito da bagno floreale. Il massaggio con gli olii non é per niente male, lo scrub francamente mai più mai più, e il bagno floreale é bello nella foto ma era a 40°C e dopo 5 minuti non ce la fai più. Il giorno dopo mi ricopro di bollicine rosse, lo sapevo che lo scrub non era per me! Dopo due giorni che continuo a marcire passo da un medico che mi dà degli antistaminici. Mai preso tanti antistaminici in vita mia come in questo viaggio. Vabbé dai me le vado a cercare dall'altra parte del mondo!

Contattiamo l'autista che ci ha preso all'aeroporto per fare un giro turistico di alcune attrazioni dei dintorni. Partiamo al mattino e andiamo a vedere una sfilza di templi, tutti diversi in cui l'acqua la fa spesso da padrone con statue e fontane. Osserviamo i balinesi continuare a protrarre le proprie usanze e indossare gli abiti tradizionali. Mi pare un vero e proprio successo visto che siamo in una delle isole più turistiche al mondo e che da decine di anni riceve migliaia di occidentali che vengono a visitare ed inevitabilmente anche ad influenzare con il loro modo di fare.

Compriamo dei frutti che non avevamo ancora assaggiato, il salak, frutto serpente che cresce su una palma spinosa, e il durian, un frutto spinoso che contiene una polpa puzzolente e cremosa. Facciamo tappa in una fabbrica di ikat che sta riaprendo proprio in questo periodo. Una ragazza ci spiega come si fa. Per non sbagliare faccio come Di Maio e cerco su Wikipedia: l'ikat è una tintura a riserva, cioè un tipo di tintura dove parti dei filati vengono protette tramite una stretta legatura per non essere tinte, mentre le parti non legate si colorano. Nella fabbrica che visitiamo fanno un ikat semplice, nella quale la tintura è praticata sui fili dell'ordito, uniti in piccoli mazzi legati in modo da ottenere, durante la tessitura sul telaio, il disegno prestabilito. Torniamo stanchi morti.

Verso la fine del soggiorno passiamo una giornata simpatica cimentandoci con la produzione di un piccolo batik. Il maestro è un tipo umile e simpatico che con il suo inglese approssimativo ci fa capire le basi della tecnica.

È ora di andare, qui a Ubud fa troppo caldo, andiamo a cercare un po' il fresco nelle montagne a Munduk!