Per andare a Naryn troviamo senza problemi un taxi condiviso, che ci lascia verso l'ora di pranzo davanti all'ufficio del CBT, in prossimità del nostro alloggio. Dopo aver mangiato dobbiamo organizzare rapidamente un piano per raggiungere Kel Suu, un lago abbastanza remoto che si insinua in un canyon vicino al confine del Kirghistan con la Cina. Per entrare nella zona c'è bisogno di un permesso a pagamento, controllato seriosamente da ben due posti di blocco militari nel bel mezzo del nulla. Potremmo condividere una macchina con altri turisti per fare una semplice andata ritorno lo stesso giorno, ma ciò permetterebbe solo una visita rapida del panorama più noto, mentre noi abbiamo voglia di esplorare la zona con un itinerario più completo. Le nostre ricerche sul web parlano di alcuni passi che offrono altre viste sul lago meno accessibili del famoso canyon. Ma qui a Naryn nessuno sa niente di questi passi, il solo consiglio che riceviamo è quello di recarci sul posto e di cercare una guida lì, nei campi di yurte, che dovrebbe costarci al massimo 1500-2000 com/g (20-27€). Assumiamo allora un autista che ci porterà sul posto per 9000 com (120€), e che è disposto ad aspettare per sapere quando vogliamo tornare, ogni giorno supplementare di attesa remunerato a 1000 com. Siamo quindi liberi e flessibili, e dopo aver fatto qualche provvista anche indipendenti per quanto riguarda il cibo per alcuni giorni. Partiamo dunque con Shamchi, il nostro autista, simpatico anche se severo quando scopre che non abbiamo figli, “eta ploha” (non va bene) ci dice senza mezzi termini. Saprà guardare oltre le nostre sviste procreazionali durante il viaggio e faremo qualche pausa foto quando il paesaggio diventa particolarmente bello. Sapendo che non sa quanto tempo dovrà stare in montagna ad aspettarci, all'ultimo mercatino che incrociamo si compra una bottiglia di vodka per non annoiarsi. Dovrebbe conoscere un tipo al campo delle yurte che potrebbe darci delle dritte riguardo al nostro circuito, e forse organizzarci una guida, ma quando arriviamo pare che questa persona non ci sia. Grazie a Louis, francese rock ‘n roll in viaggio solitario su una vecchia Lada con tanto di teschio sul cruscotto, scopriamo che la guida di uno dei gruppi organizzati che passa la notte alle yurte parla benissimo francese. Andiamo allora a rivolgerci a lui per trovare più informazioni e ci dice che può aiutarci a trovare una guida. Più facile a dirsi che a farsi, i diretti interessati sono sempre dall'altro lato del campo yurte e riusciamo a riunirci solo dopo cena, nella yurta dove dormono le guide. Segue una negoziazione pubblica con lui che fa da interprete, con l'impressione che il pubblico fatto di guide, autisti e portatori faccia il tifo contro di noi, i turisti. La trattativa effettivamente non va per niente a buon fine ed è un po' surreale a tratti. Ci propongono una guida che parla solo kirghizo, neanche un po' di russo e ancora meno inglese; a cui non piace camminare, quindi dovremmo pagargli l'affitto giornaliero del (suo) cavallo; e a cui dovremmo pagare in più il cibo perché da persone poco previdenti che siamo non abbiamo portato con noi abbastanza viveri per sfamare una terza persona. A questo proposito ci chiedono di elencare le nostre provviste, il nostro menu spartano fatto di zuppine liofilizzate, pane, formaggio, uova sode e biscotti fa rabbrividire e sorridere tutto il pubblico. Come se non bastasse evocano anche la possibilità che la guida possa dormire nella nostra tenda insieme a noi, cosa impossibile vista la taglia del nostro rifugio, e che possiamo cucinare per lui. Insomma, abbiamo piuttosto l'impressione che al posto di una guida ci stiano proponendo di diventare mamma e papà, al modico prezzo di 4000 com/g, esattamente il doppio del costo di una guida in questo paese. Decliniamo quindi l'offerta senza troppi rimorsi, mentre uno dei negoziatori ci sbeffeggia dicendoci che senza guida ci ritroveranno probabilmente in Cina. Ma non sa di avere torto. Osservando una carta del paese in mano a Louis, crediamo di individuare grossomodo l'analogo dei sentieri in un’applicazione del cellulare di Jade. Non è come avere un sentiero in stile maps.me, con informazioni su tracciato, kilometraggio e dislivello, ma in una certa zona pare proprio di intravedere una vallata bella larga che da est penetra fino ad un lato del lago. Se vogliamo cercare uno dei passi è sicuramente lì che dobbiamo andare. Decidiamo quindi di tentarcela, confermiamo al tassista che partiremo tra tre giorni per tornare a Naryn. Partiamo col cibo dicendoci che se non troviamo nulla al massimo faremo marcia indietro. La stessa applicazione di Jade permette in effetti di tenere una traccia dell'itinerario già percorso, un po' come Pollicino con le sue briciole, sappiamo di quanti chilometri avanziamo e segna un tracciato sulla carta vergine, assicurandoci di sapere sempre qual è la via del ritorno. Il primo giorno partiamo verso il panorama più noto, addentrandoci in una delle vallate principali. In corrispondenza di un bivio tra la strada del panorama e una vallata secondaria che dovremo seguire più tardi, piantiamo la tenda e lasciamo gli zaini pesanti, incamminandoci leggeri fino al panorama sul canyon. Un raggio di sole ci permette di fare un picnic gradevole e un tuffo veloce. Tornando verso la tenda incrociamo un gruppo di yak, una mamma e il suo piccolo sono particolarmente fotogenici, e Jade tenta lo scatto da una ventina di metri di distanza. Ma qui gli yak sono particolarmente irascibili e mamma yak accenna una carica a testa bassa mentre Jade urla e alza i bastoni per scoraggiarla. Per fortuna funziona, e mamma yak è contenta di vederci allontanare. Proseguiamo fino alla tenda che smontiamo, per poi ripartire carichi per attraversare questa vallata secondaria. Saliamo e scendiamo di 300 metri fino a raggiungere una seconda vallata principale, che dobbiamo seguire per svariati kilometri in direzione sud. Non incrociamo anima viva, solo mandrie di cavalli e yak. Ad un certo punto una cavalla imbizzarrita sbuca da un fianco di una montagna, avvicinandosi al galoppo nitrendo a tutto spiano. Quando si fa troppo vicina urlo e alzo i bastoni pure io, chiedendomi che diavolo voglia con tutto lo spazio che abbiamo intorno. Al che riparte al galoppo sul fianco della montagna da cui è scesa, da lontano ci pare di scorgere la testa di un puledro, forse ha appena partorito e sta difendendo la zona… non si scherza con le mamme di Kel Suu. Meno male non ci sono orsi da queste parti… Camminiamo sul sentiero piatto per altri chilometri senza ulteriori problemi, fino a raggiungere l’imboccatura della grossa vallata che scorgevamo nell'applicazione di Jade. Ci addentriamo per qualche centinaio di metri per intravedere, chiarissimo, un passo in lontananza sulla linea della vallata. Ci siamo, domani oltrepassandolo dovremmo poter raggiungere la sponda del lago. Piantiamo la tenda per la notte, e l'indomani partiamo lasciando il grosso della nostra roba nella tenda. L'idea è di scalare il passo che vediamo, raggiungere il lago dall'altro lato, seguirne la sponda fino a imboccare una nuova vallata in cui dovremmo trovare un secondo passo che ci permetterebbe di tornare indietro alla tenda disegnando un circuito dalla forma rettangolare. La vallata è molto praticabile, avanziamo accompagnati dalle grida di allarme delle marmotte. Sul passo ci pare di intravedere delle sagome, effettivamente un gruppo di turisti con guida avanza in direzione opposta alla nostra, le uniche persone che incontreremo durante questo trek. Quando li incrociamo recuperiamo qualche informazione che conferma la nostra idea iniziale di dove andare a cercare il secondo passo: seguire la sponda del lago fino al secondo grande fiume sulla sinistra, a quel punto imboccarne la vallata e addentrarcisi fino a dover abbandonarla per salire sulla sinistra. Registriamo l'informazione prima di continuare a dedicarci alla scalata del primo passo che si erge ancora dinanzi a noi! La vista oggi è un po' offuscata ma sempre molto bella. Da un lato abbiamo vista sulla vallata che abbiamo appena attraversato, dall'altro sul lago intrappolato tra le montagne, formato da un fiume in decelerazione che disegna un estuario largo quanto il lago. La discesa verso la sponda ci offre viste spettacolari, seguiamo spesso i sentieri tracciati dalle marmotte nell'erba. Arrivati al lago facciamo una pausa bagnetto prima di costeggiarlo alla ricerca della vallata da risalire per trovare il passo di Eshegart (non ci ricordiamo mai il nome di quello che abbiamo appena attraversato). Cammina che ti cammina, troviamo il bivio da imboccare, scalando una montagna che pare il passo. Ma giunti in cima, ci rendiamo conto che era un pre-passo, quello vero ci sfida ancora oltre una vallata in cui dobbiamo prima riscendere (sigh) per poi risalire. Il colmo è che da qui la vista non è chissà che. In compenso… dei grossi nuvoloni ci avvolgono e iniziamo la discesa sotto la pioggia. Che prosegue per molti più chilometri del previsto. Verso la fine c'è solo voglia di raggiungere la nostra tenda, dove ancora non ha piovuto ma aspetta il nostro arrivo per iniziare, abbiamo giusto il tempo di metterci al riparo prima del diluvio. Ci cambiamo e cuciniamo nella tenda praticando il tetris. Al mattino scrolliamo la tenda dall'interno per far scivolare le gocce accumulatesi, una famiglia di marmotte nostra vicina urla il segnale d'allarme: il mostro verde parcheggiato davanti a casa loro si muove! Oggi il tempo è sereno e il cielo limpido (ma vaff!), decidiamo allora di risalire fino al passo più vicino e più bello per avere una vista più chiara e soleggiata di ieri. Tornati alla tenda la smontiamo prima di incamminarci verso il campo di yurte. La vallata è un po' più paludosa dell'altro giorno a causa delle piogge di ieri. Da questo lato ci aspettano un bel po' di guadi, all'ultimo il proprietario del campo di yurte sbuca a cavallo per trasportare almeno Jade. Il cavallo però non è tanto d'accordo e inizia a salticchiare provando a scrollarsela di dosso, senza riuscirci per fortuna. Passato il fiume ecco Shamchi il nostro autista che ci ha aspettato fino ad oggi, recupera lo zaino di Jade e lo trasporta per un centinaio di metri annaspando un po'. Mentre montiamo la tenda ci chiede il permesso di provarla sdraiandosi dentro, è d'accordo che non è come una stanza di hotel! Cena calda alle yurte in compagnia di alcuni olandesi, prima di una notte freddina in tenda. Al risveglio la tenda è coperta di ghiaccio e pure le mie scarpe bagnate a causa dei guadi hanno gelato! Ma prima di colazione c'è ancora tempo per una piccola ascesa verso un colle proprio affianco al campo yurte, da cui si può ammirare il canyon del lago in lontananza. Alla fine di questa escursione siamo proprio contenti di tutto ciò che siamo riusciti ad esplorare, in questa zona ancora remota e selvaggia, per giunta autonomamente! Sono soddisfazioni vere! Riprendiamo la macchina con Shamchi in direzione di Naryn, guardiamo questo paesaggio dal finestrino, sapendo che probabilmente tra pochi anni non sarà più così deserto, sia a causa del turismo crescente che a causa delle trivellazioni di campionamento delle miniere in cerca di nuove aree da sfruttare. Il mondo cambia sempre più in fretta, e trovare un posto davvero selvaggio si farà sempre più difficile.