Alla fine del nostro primo grande trek, avevamo in mente di partire da Ghandruk per proseguire sul trek del Mardi Himal, ma alla fine abbiamo seguito i consigli del meteo grigio e della caviglia di Jade un po' stanca e siamo tornati a Pokhara per svolgere un paio di trafile burocratiche. Un po' a malincuore visto che a Ghandruk mangiavamo da dio. Dal punto di vista nutrizionale però, Pokhara ha comunque degli assi nella manica. Una volta prolungati il visto e assicurazione per il trek, e acquistati i permessi per il parco naturale e il biglietto di aereo di uscita, non ci resta che strafogarci tra naan e pizze, in compagnia di Manuel e Claudia, e Clive e Andrea che abbiamo conosciuto nei lodge del circuito. Pokhara è diventata più calda ma non esageratamente, la gente ci appare stranamente più simpatica e sorridente rispetto alle nostre visite precedenti, forse a fine stagione hanno intascato sufficientemente e sono meno tesi. A parte mangiare però non è che ci sia tanto da fare, sfuggiamo all'obesità potenziale ripartendo dopo sole tre notti qui con un bus diretto a Besisahar. Da Besisahar prendiamo un bus per Nadi Bazar. Abbiamo già la testa come un pallone a causa del tragitto, una ragazza di qui che è seduta di fronte a noi ci fa segni per comunicarci il vero prezzo. All'arrivo diamo giusto e scendiamo dal bus con l'autista che protesta senza troppa convinzione. Scesi dal bus avanziamo da Nadi Bazar fino a Bahudanda sotto una pioggerellina e con caldo umido, speriamo che la stagione delle piogge non sia in anticipo! Arriviamo a Bahudanda e troviamo tutti gli albergatori che ci saltano addosso disperati. Da quando la maggior parte dei turisti prende le jeep fino a Chame per iniziare il trek da lì, tutta la prima sezione del circuito storica sta andando in bancarotta. Nella nostra prima giornata completa di trekking avanziamo da Bahudanda a Tal. Non finisce più, facciamo su e giù prima tra terrazze coltivate, poi in una vallata con bambu. Al nostro arrivo a Tal troviamo una buona cucina e una buona stanza. Passiamo il tempo chiaccherando con dei francesi. Tra Tal e Danakyu il sentiero è poco chiaro con indicazioni contrastanti, e non cessa di uscire dalla strada per poi ricollegarsi poche centinaia di metri più tardi. Ci sono molte cascate ai lati della vallata e visitiamo una gompa colorata apertaci da una suora buddhista con una cuffia OBEY sulla testa. Arrivo a Danakyu dove ci riposiamo il pomeriggio davanti a un film. Il giorno seguente avanziamo da Danakyu fino a Chame, ma prima di partire al mattino visitiamo Tachei, un villaggio vivace che si prepara alla sua apertura al turismo, la gente ci guarda ancora con gli occhi grandi grandi, eppure siamo a due passi dal circuito dove tutti ne hanno fin sopra ai capelli dei turisti! Una volta partiti per Chame attraversiamo Timang, molto carino. Il cammino prosegue per la maggior parte in foresta con poche macchine (forse a causa di una frana che ha bloccato la strada). Nella tappa da Chame ad Upper Pisang attraversiamo dapprima dei campi di meli, seguiti da un'impressionante strada scavata nella roccia di un'enorme parete verticale. Segue una montagna rocciosa costituita da un blocco unico a forma di rampa curva che sembra uscita da un film di fantascienza. Fino a Pisang si prosegue in pineta. Pisang è un villaggio con posto in primissima fila davanti alla catena dell'Himalaya, stiamo un giorno supplementare per andare a vedere il base camp della montagna Pisang a 4500 m, incontriamo uno yak un po' timido sulla discesa. Da Upper Pisang ci spostiamo a Ngawal, molto tipico cosiccome il vicino Ghyaru, le viste sulla vallata sono molto belle. Qui conosciamo Max, uno svedese dall'accento statunitense che continueremo a incrociare per il resto del circuito, che come noi ha tempo e un debole per le passeggiate alternative. Da Ngawal partiamo per Mugii, prendendo il sentiero che passa da Chulu con belle viste, stranamente la maggior parte dei turisti passa dalla strada che avanza parallelamente qualche centinaia di metri più in basso. A Mugii ci fermiamo diversi giorni per approfittare dei prezzi del cibo molto abbordabili e ingozzarci di dolci sfornati dalla panetteria «Pie in the sky» che ci avevano consigliato gli italiani Manuel e Claudia. Le viste sulla vallata sono stupende e si può andare al vicino Ice lake a quota 4600 m per aumentare la nostra acclimatazione in vista del passo Thorong. È senza dubbio la nostra vista preferita di tutto il circuito, e non contenti ci torniamo due volte! La seconda volta usciamo alle prime luci per essere sicuri di avere poco vento che perturbi la superficie del lago, garantendo un bel riflesso delle montagne dell'altro lato della vallata. Il sentiero è coperto di brina e incrociamo da molto vicino un gruppo di blue sheeps, due maschi impauriti sfogano il loro stress scambiandosi delle poderose cornate. Giunti al lago stiamo soli per almeno due ore prima che altri turisti facciano capolino dalla vallata. Ne approfittiamo per testare se l'acqua è davvero così gelida come il nome lo suggerisce! Confermiamo, il nome è quello giusto! Dopo la zona di Manang, la vallata si separa in due, noi prendiamo a sinistra per andare a vedere il lago Tilicho. Ci fermiamo una notte a Shree Kharka per poter attraversare l’indomani al mattino presto la sezione nota per le frane. Vediamo pochissime pietre che rotolano giù e possiamo godere di questo paesaggio lunare con una bella luce. Arrivati alle 9 al base camp del Tilicho lasciamo gli zaini e decidiamo di salire al lago a quota 5000 m. Arriviamo stanchi morti, probabilmente il giorno più duro di tutti! Il paesaggio è estremo, siamo affianco a delle montagne completamente ricoperte di neve e ghiaccio, e il lago è ancora tutto bianco. Non possiamo però stare troppo tempo ad ammirare a causa del forte vento freddissimo che viene proprio dal lago e si abbatte sul belvedere. Decidiamo di risalire l'indomani partendo presto per affinare la nostra acclimatazione e godere la vista con forse meno vento. La luce è migliore e il vento un po' meno forte, ma soprattutto la scalata è molto meno dolorosa del giorno prima! Per andare al passo Thorong dobbiamo tornare sui nostri passi e partiti dal base camp decidiamo di rifermarci a Shree Kharka per provare a fare un'altra escursione al Moon Lake, un laghetto a forma di mezza luna. Lasciamo gli zaini al lodge e partiamo verso le 10 sul sentiero che dopo un certo punto non esiste più, e purtroppo il lago si rivela molto più lontano di quanto pensassimo e la fame ci assale, in compenso raggiungiamo un bel punto di vista su una vallata minerale, a 2 km di distanza dal lago. Volendo avremmo potuto ritentarlo l'indomani, partendo presto e con un picnic, ma il meteo prevede neve sul passo nei prossimi giorni e preferiamo andare per paura che se ne accumuli troppa. L'indomani abbandoniamo quindi la vallata del Tilicho per recuperare quella principale che porta a Thorong, pernottando a Churi Letdar. Avanziamo ancora fino all'high camp, dormendo a 4800 m, colazione alle 4 e mezzo e partiamo verso il passo. Il sentiero ha alcune sezioni gelate molto scivolose ma la neve non è un problema. Le nuvole ci nascondono le montagne circostanti per la maggior parte del tempo ma ogni tanto delle schiarite donano un'atmosfera mistica al tutto. La temperatura si aggira sui -7 e giunti al passo ho delle stalattiti sulla barba! Ma non è troppo freddo in confronto ai -20 di cui ci hanno parlato altri trekkers, e la nostra bottiglia d'acqua resta liquida. Dopo qualche foto a 5400 m iniziamo la discesa interminabile, per fortuna tutta la neve che vedevamo sul cammino dalla vallata di Muktinath un mese fa ha avuto il tempo di sciogliersi dalla nostra ultima visita. Ci fermiamo a mangiare al primo piccolo villaggio sul sentiero a 4200 m. Mentre riempiamo lo stomaco le gambe si riposano un po', e riusciamo a continuare la discesa fino a Jharkot! Discesona di 1900 m e non abbiamo neanche male alle ginocchia! A Jharkot ritroviamo Max, a cui avevamo consigliato l'Himali Hotel. Passiamo qualche giorno a riposarci e ritentiamo il passo Muella, ma anche stavolta le viste non sono poi così chiare. Passiamo un'oretta a raccogliere fossili di ammoniti che affiorano numerosissimi. Ovviamente coroniamo il tutto con qualche serata raksi con Palgen. Abbandoniamo Jharkot attraversando la vallata che ora è verde fosforescente grazie alla primavera, dopo una pausa a Jomson per mangiare ci spingiamo fino a Marpha dove approfittiamo per un'ultima (?) terza volta dell'ottima cucina del Paradise. Siamo un po' indecisi su come proseguire. Rifare la parte ovest del circuito provando i side trip che avevamo saltato? O rifare il Khopra sperando che il sentiero per il lago sia aperto? O finire con qualcosa di completamente nuovo tipo il trek del Mardi Himal o l'Annapurna base camp? Optiamo per prendere un bus fino a Kande e fare il Mardi Himal, più corto e semplice dell'Annapurna base camp. Partiamo puntuali ma siamo presto bloccati a livello di un guado dove un camion è in panne e una jeep che ha provato a evitarlo si è inabissata parzialmente. Iniziamo a buttare pietre su un lato del camion per permettere al bus di passarci affianco. Poco dopo ci rifermiamo una buona mezzora aspettando che degli scavatori che lavorano ci lascino passare. Il bus si ferma a Tatopani per un controllo del nostro permesso trekking ma un'ufficiale scema ci mette un timbro di uscita malgrado gli diciamo che non stiamo uscendo. In realtà non siamo riusciti a scoprire se prendere un bus da Marpha a Kande è considerato come un'uscita dall'area a pagamento, quando abbiamo chiesto al posto di controllo di Jomson ci hanno guardato con occhi bovini e lungi da loro il desiderio di informarsi, manco fosse il loro lavoro sapere queste cose! Quindi con questo timbro di uscita non siamo sicuri al 100% se saremo ammessi al controllo a Pothana, e non abbiamo né l'intenzione né i soldi di riacquistare un permesso. Il bus ci lascia alle 17 con una testa così e tutti impolverati, piove e possiamo testare per la prima volta i nostri magnifici ponchi impermeabili. Ci diciamo che arrivando tardi magari il posto di controllo a Pothana sarà chiuso. Invece troviamo comunque l'ufficiale che però sul momento non ha voglia e ci chiede solo se abbiamo il permesso e se dormiamo qui, dicendoci di ripassare l'indomani mattina. Inutile dire che non ripasseremo mai. Avanziamo attraverso un cammino nella foresta lussureggiante fino a Forest Camp, la giungla costituisce un grosso cambiamento rispetto alle zone aride di Muktinath e Marpha, e delle belle orchidee che crescono sugli alberi sono in fiore. Il secondo giorno affrontiamo una grossa scalata fino a High Camp, dove ci sistemiamo in un lodge in cui albergano dei lavoratori che costruiscono nuovi lodge. Le porzioni dei piatti svelano che sono abituati a sfamare gente che lavora! Siamo sulla cresta della montagna su cui si alternano steppa e alberi di rododendro con fiori bianco-viola. Degli uccellini coloratissimi banchettano tra i fiori e dei branchi di yak ruminano. Mentre Jade prova a fotografare un bel esemplare la cosa non gli va giù e ci accenna un’incornata per sbarazzarsi di noi. Per fortuna era solo una finta. Il tempo è ballerino e ogni pomeriggio è oscurato da pioggia e tormenta. Le mattinate sono invece più o meno chiare a seconda del giorno. Quando saliamo al belvedere abbiamo la fortuna di stare almeno mezzoretta di tempo chiaro prima che si ricopra completamente. Ridiscendiamo solo fino a Badaldanda per avere un'ultima vista del panorama l'indomani mattina, che si rivela essere una giornata chiarissima e molto più stabile del giorno prima. Da Badaldanda facciamo ancora una piccola giornata e scendiamo solo fino a Forest Camp, non abbiamo poi così fretta di tornare a Pokhara. Da qui prendiamo per Ghandruk, passando una notte a Landruk, da cui raggiungiamo Ghandruk passando da Somrong. Qui a bassa quota le sanguisughe sono uscite dal letargo e belle attive, e le viste sono raramente chiare. Dichiariamo la stagione del trek definitivamente terminata! A Ghandruk torniamo allo Shangri-La dove ci rilassiamo qualche giorno: sveglia all'alba per ammirare la vista, lettura e giretti nel villaggio con scambi con la simpatica famiglia che tiene l'hotel coi suoi super dal bhat. Quando i nostri fondi sono quasi terminati è tempo di tornare a Pokhara, è strano dirsi che stavolta è davvero un addio. Questo particolare paesaggio con le sue interminabili scale di ardesia, i suoni della giungla e le montagne bianche sullo sfondo, che ci ha circondato da Ghorepani, al Khopra e al Mardi Himal, ha avuto tempo di impregnarci in profondità diventando quasi una normalità. Anche questo fa parte della bellezza di viaggiare con calma. Il cambiamento dev'essere in qualche modo palpabile perché mentre avanziamo sul sentiero una bimba ci rincorre per regalare una piccola rosa a Jade. E giusto a un centinaio di metri di distanza incrociamo una donna di una certa età in senso contrario che senza dire una parola prende la rosa dalla mano di Jade e gliela sistema sui capelli! Saranno solo coincidenze…