La nostra esperienza nepalese termina con un'insensata corsa ai souvenir che ci garantisce di ripartire col portafogli vuoto e lo zaino strapieno. Anche le pance si riempiono (troppo) spesso e volentieri con gli ultimi naan e dal bhat. Lo stress del nuovo che avanza si fa sentire, ci siamo abituati a sopravvivere in Nepal e il futuro ci attende con le sue incognite. Al mattino prestissimo prendiamo un taxi che senza sorprenderci all'arrivo in aeroporto ci chiede più di quanto dovrebbe e ce ne andiamo dopo un'ultima negoziazione. Mannaggia avremmo dovuto essere più duri col tassista: ci manca solo una ventina di centesimi per prenderci due tè! Per fortuna anche nei chioschi dell'aeroporto siamo ancora in Nepal, e Jade li convince senza difficoltà a lasciarci i tè con uno sconto, roba credo impensabile nella maggior parte degli aeroporti del mondo. Kathmandu e Almaty sono in realtà molto vicini, ma il volo più economico per connettere le due città che abbiamo trovato passa da… Istanbul! Il cibo sull'aereo della Turkish Airline e durante lo scalo ci prepara mentalmente alla cucina mediorientale con carne tipo kebab, airan (una bevanda salata a base di yogurth), e insalate di cipolle, peperoni verdi, cetrioli e pomodori. Una cosa che non abbiamo capito è perché durante il primo volo diurno da Kathmandu a Istanbul lo staff di bordo ha assolutamente insistito perché stessimo al buio con gli oblò chiusi, mentre in quello notturno da Istanbul a Almaty ci hanno tenuto con le luci accese al massimo e hanno fatto avanti indietro col servizio. Quando atterriamo ad Almaty siamo stanchi ma per fortuna non abbiamo problemi burocratici: abbiamo un permesso di 30 giorni senza obblighi di registrazione. Usciamo e siamo subito avvicinati da un tassista, gli chiedo quanto vuole per andare in centro e mi risponde che mette il tassametro. Tempo di cambiare dei soldi e siamo fuori, un compare del tipo con cui abbiamo parlato sbuca fuori con una macchina. Carichiamo gli zaini e non siamo ancora usciti dal parcheggio che il tipo vuole già 500 tenge per quello, la cosa puzza e decido di chiarire che so che per arrivare in centro al massimo sono 2000 tenge a essere mooolto generosi, e che non pagherò più di quello. Allora lì provano a negoziare partendo da 10.000, solo 25 € per 13 km che sarà mai. Rifiuto la loro ultima offerta a 3000 tenge e scendiamo, recuperando gli zaini. Aspettiamo ma vediamo che tutti i locali chiamano un taxi con Uber o altre applicazioni simili. Purtroppo il nostro Uber è in bug e per noi non è un'opzione. I tassisti che ci ronzano intorno sembrano tutti della stessa specie del primo che abbiamo appena mollato. Decido di chiedere all'autista del bus 92 di lasciarci il più vicino possibile al nostro ostello, la comunicazione è scarsa a causa del mio russo stentatissimo. Il più vicino possibile si rivela essere 3 km dall'hotel, che percorriamo poco a poco sotto l'occhio curioso dei passanti che vanno a lavoro. Per fortuna all'ostello la stanza è libera e ci fanno entrare subito. Dopo una doccia è ora di andare a nanna anche se è inizio giornata. Quando ci svegliamo a inizio pomeriggio scendiamo nella sala comune e incontriamo una coppia di francesi che ha passato due anni in Cina e sta tornando in Europa in bicicletta. Non siamo i più fuori di testa, c'è sempre qualcuno un gradino più in alto di noi! Passiamo il resto della giornata a chiacchierare sfidando un temporale per andare a mangiare un kebab tutti insieme. I giorni seguenti andiamo al bazar a rifornirci di albicocche, fragole, ciliegie e lamponi superbi sempre dalla stessa signora simpatica, e troviamo anche il tipico mercante arabo che ci vende mandorle e nocciole, dopo averci fatto provare queste e altre specialità dell’Asia centrale. Ci sono delle camminate stupende fuori da Almaty ma siamo poco motivati dal tempo segnato dai temporali e forse anche dalla stanchezza del viaggio. Ci spingiamo solo fino al parco Kot Cobe che non è niente di che ma ci fa sgranchire un po' le gambe.

Di domenica si svolgono le prime elezioni kazake da una trentina d'anni. Purtroppo non si possono definire per niente libere e democratiche e sono accompagnate da centinaia di arresti. Noi però non ci rendiamo conto di niente e leggiamo tutto sui giornali, quando usciamo non osserviamo nessun disordine, dobbiamo essere basati lontani dalla zona delle manifestazioni.

Ogni volta che andiamo al ristorante ci serve almeno mezzora per studiare il menu e capire che opzioni abbiamo. Restiamo particolarmente perplessi di fronte alla parola “baranina", che sembra indicare un tipo di carne, ma non sappiamo di che animale, e vogliamo chiederlo alla cameriera. Ci interroghiamo su quale maniera di mimare gli animali sarebbe socialmente accettata. Mettersi le mani a mo’ di corna e fare muu per chiedere se si tratta di manzo, o nitrire per chiedere se è carne equina? La collezione di foto di animali nepalesi nel cellulare di Jade ci toglie le castagne dal fuoco e mostrandole alla cameriera capiamo per esclusione che baranina significa pecora! Impariamo il russo una foto alla volta!