Da Toktogul prendiamo una marshrutka (un minibus) in direzione di Bazar Korgon dove cambiamo per raggiungere Arslanbob. Un signore decide che ci deve parlare anche se non riusciamo a capirci tanto. Dopo un po' desiste ma torna all'attacco con una volontaria americana che sta qua da un anno e mastica il kirgizo. Ogni due secondi le richiede qualcosa, nessuna pietà. Anche altri ogni tanto vogliono scambiare due parole in russo/inglese con noi: "Dove andiamo? Ci piace il Kirghistan? Conosciamo kirghizi in Italia?" Viste le mie competenze in russo non ho bisogno di mordermi la lingua per evitare di dire che non sapevo nulla dell’esistenza stessa del paese. "Siamo sposati? Sono musulmano o cristiano?" L'ultima è sempre delicata, vai a spiegare che sì sono italiano quindi teoricamente cristiano ma che non sono credente. Ho anche il sospetto che sia agnostici e cristiani cadrebbero nella categoria degli infedeli. Visto che non sembrano estremisti e per questioni di semplicità confermo la mia cristianità. Uno di questi signori si preoccupa di indicarci dove scendere, ci accompagna alla stazione di bus aiutandomi a trasportare il mio grosso zaino, cerca per noi la marshrutka per Arslanbob, e solo una volta caricate le nostre cose capisco che non viene con noi, lui prende un altro bus! Stringo la mano e ringrazio. Arrivati a Arslanbob cerchiamo un alloggio passando dall'associazione CBT, che permette di alloggiare presso alcune famiglie del posto. La famiglia si rivela simpatica e quando arriviamo stanno lavorando tutti insieme nel campo di patate in giardino. Ci uniamo a loro nella diserbatura e parliamo in russo e inglese coi due fratelli. L’accoglienza è rustica, il tè di benvenuto è grande come un pasto, il letto scricchiola e il tanfo di ammoniaca del bagno in fondo al giardino è qualcosa di fenomenale. Tra una cosa e l'altra salta fuori che nella zona hanno certe credenze medicinali particolari: in caso di influenza niente di meglio di un brodo di cane. E in un trasporto in bus in cui una bimba non smetteva di vomitare, abbiamo osservato l'autista accostare per far scendere un signore che ha raccolto due pietre, e le ha date alla bimba dicendole di stringerle forte dentro i pugni per farla smettere! Dedichiamo il primo giorno a un giro nella foresta di noci, pare la più grande del mondo, passando da una piccola cascata in stile luna park. Mentre camminiamo vediamo arnie ovunque, la vegetazione ci è familiare, sui sentieri dei cavalli pascolano insieme alle mucche. La calma della foresta è interrotta da urla che annunciano l'arrivo di due asine in corsa, inseguite da un pazzo al galoppo su un asino in erezione che vuole montarne una. L'asiniere non è d'accordo e colpisce ripetutamente con forza l'asino che cavalca. L'asino contraccambia disarcionandolo e lui ripresosi lo pesta ancora di più. Non saprei dire chi aveva ragione. Una scena improbabile comunque. Tornati al villaggio andiamo in un ristorante i cui camerieri sono tutti bimbi, non è raro vedere minori che lavorano da queste parti. Appena ci sediamo siamo circondati, si siedono affianco a noi senza dire tanto e ci fissano, studiano le nostre cose, soprattutto i bastoni da trekking telescopici. Come al solito parlano sempre e solo a me, l'uomo, mentre Jade in quanto donna si gode lo spettacolo mangiando i pop corn. Prendiamo del lagman oleoso e delle samsa ripiene di lardo fuso. Il secondo giorno partiamo a piedi in direzione della grande cascata da cui dovremmo proseguire verso un altro sentiero. Dal villaggio ci ritroviamo a seguire le carovane di jeep strapiene di adolescenti entusiasti che urlano e ci filmano. Le cascate qui sono un po' i nostri parchi giochi, e i weekend la popolazione giovanissima si reca in massa per divertirsi e cuccare, e se i genitori sono d'accordo perché no scegliersi un marito o una moglie. Dalle conversazioni emergono i capisaldi di questa società: avere il maggior numero di figli possibile è la principale preoccupazione e vanto di ogni uomo che si rispetti, e sempre rispettare il volere dei genitori sembrano i più diffusi. Quando raggiungiamo la cascata c'è un ingresso a pagamento, spieghiamo che noi vorremmo andare oltre e che non siamo qui per la cascata, un ragazzo ci dice che allora possiamo passare gratis ma una signora non è d’accordo e ci perseguita per avere i soldi fino a che un tipo ci fa segno di proseguire e la blocca. Mentre saliamo lungo le scale paghiamo comunque in selfie trasformandoci in attrazioni ambulanti per i locali presenti. Dopo la cascata il sentiero diventa una parete ripida, l'eventualità di dover riscendere da qui è preoccupante. Per fortuna dall'alto osserviamo meglio la zona e individuiamo un altro sentiero che ci permette di tornare al villaggio. Continuando a salire raggiungiamo una bella prateria coperta da grossi fiori di ferula con mucche e cavalli. Stupenda!