Con i suoi messaggi telegrafici prima del nostro arrivo, Maria Eugenia non ha potuto (o voluto) informarci della natura del lavoro che ci aspetta. Al nostro arrivo in stazione alle 17 ci offre un gelato e rompiamo un po' il ghiaccio. Durante la conversazione ci parla molto bene e male di alcuni volontari che ci hanno preceduto. La quantità di lavoro fornita sembra essere il punto cruciale della sua valutazione. La cosa ci mette in guardia e ci fa capire che ci sarà da sgobbare, ma non capiamo fino a che punto intenda sfruttarci...

Dopo aver consegnato della menta in un pub per i mojito dei clienti, andiamo a casa sua, in campagna. L'area è molto desertica e colonizzata soprattutto da una pianta che cresce molto lentamente, l'espino. Le piante che ha messo sul suo terreno hanno difficoltà a svilupparsi e anche dopo 8 anni dal trapianto sono ancora piccoli alberelli. Tra le piante che ha piantato ce n'è pure una di marijuana (siamo in Cile dopotutto). Ma invece di fumarsela, a parte in alcune occasioni, lei la usa soprattutto per fare dei prodotti cosmetici come shampo, olii e la mischia pure con il miele, che produce in alcune arnie nel suo terreno. Attività molto interessante, che le è valsa anche dei problemi con la giustizia. Ma alla fine le è andata bene, pare essere una che sa trovare gli accozzi buoni quando serve. Noi però siamo stati convocati qui per lavori molto meno raffinati. Ad eccezione del primo giorno, in cui lei è assente, e dell'ultimo giorno, in cui abbiamo finito tutti i lavori pesanti da fare, lavoreremo 7 ore al giorno su compiti ingrati come scavare delle trincee contro l'acqua invernale attorno a casa sua, e tagliare un'enorme pila di legna perché possa passare un inverno al calduccio. Ma la cosa più fastidiosa non è il lavoro, è il fatto di essere trattati spesso come dei dipendenti piuttosto che come persone venute per uno scambio culturale: non lavora con noi ma ci assegna compiti, ci parla quasi solo lo stretto necessario e quando lo fa la conversazione ruota spesso intorno alle sue necessità/problemi, e gli ordini sono assegnati bruscamente in un linguaggio tipo "tu fare canale" malgrado il nostro spagnolo sia di ben lunga più articolato di cosí. Capita l'antifona dopo i primi giorni, ci prepariamo all'evenienza di partire più presto del previsto, ma data la corta durata del nostro soggiorno previsto con lei, alla fine staremo fino alla fine. Ovviamente vivendo la sua vita, non può fare a meno di mostrarci alcuni usi tipicamente cileni, come quello di fare colazione con pane e marmellata due volte al giorno, una volta a colazione, e una volta a cena (la colazione della cena si chiama once). E cucinando ci farà due o tre ricette tipiche veloci. La base della nostra alimentazione sarà comunque il pane, ci alimenta bene per aver l'energia di lavorare dice lei. L'unica cosa che si avvicina a uno scambio è quando una sera Jade le chiede come lavorare con un telaio e della lana, e allora le spiegherà sommariamente qualcosa. Tanto sommariamente che, quando Jade le mostrerà un lavoro ben fatto alla fine esclamerà "com'è possibile che sia uscito così bello!?". Pure quando io le propongo di farle vedere come fare il pesto, e Jade di fare una torta, anziché farli insieme a noi, ci dice di preparare il pesto in grandi quantità mentre lei non c'é per poterlo congelare, e fare la torta per avere un dolce al suo rientro. Ci fa la grazia di permetterci di mangiare un po' di entrambi.

Ripartiamo verso la Patagonia contenti che lo scambio sia finito, io con un ginocchio ferito (recuperando una carriola che cadeva, molto utile) e Jade con un bel mal di schiena... condizioni ideali per le future camminate! :)

Abbiamo imparato la lezione, per i nostri prossimi scambi cercheremo di avere più informazioni prima di precipitarci sul posto! E la prossima volta che vedo una carriola cadere, la lascio fare :p